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CONCORSO PER L’AMPLIAMENTO DEL RIFUGIO GRAFFER AL GROSTE’ SULLE DOLOMITI DI BRENTA.

committente
Società Alpinisti Tridentini
luogo
Grostè – Madonna di Campiglio (TN)
anno
2024
dimensione
Sup. netta totale 690 mq
stato
Concorso
Crediti:
con: Studio Zenari, arch. Tommaso Farina, arch. Anita Bertani

Progettare l’ampliamento di un rifugio, in uno scenario unico come quello delle Dolomiti di Brenta, spinge subito a confrontarsi con la necessità di realizzare da un lato un intervento contemporaneo, efficiente, accattivante e attuale, dall’altro di avere al contempo un grande rispetto per la montagna e il contesto naturale in cui si interviene e per l’edificio a cui ci si affianca. I rifugi sono per definizione edifici isolati, iconici, negli ultimi anni sempre in bilico, alla ricerca di un punto di equilibrio fra il dover essere ben visibili da grande distanza e il fondersi e armonizzarsi con ambienti magnificenti e fragili; fra il dover colpire l’immaginario comune e cercare di non “urlare” fra le montagne, perché una delle prime cose che si imparano andando in montagna è che in montagna non si urla, si ammira e si contempla.
Il rifugio Graffer, nello specifico, possiede un ulteriore livello di complessità legato alla sua posizione particolare, nel cuore di un comparto sciistico rinomato a livello internazionale, raggiungibile in inverno da un altissimo numero di visitatori che lo vedono salendo dagli impianti e ci arrivano velocemente da monte con gli sci, anziché da valle salendo in cammino. Per molte persone si configura così più come punto di passaggio, per poi proseguire sulle piste, che come punto di arrivo di un percorso. Nelle altre stagioni i numeri cambiano, i visitatori rallentano, ma spesso continuano a vedere l’edificio dagli impianti e a raggiungerlo da monte, per poi proseguire a valle.
Fin dai primi ragionamenti, ci siamo interrogati su come sia possibile creare uno spazio che possa fondere la vocazione turistica e l’alta ricettività, richieste soprattutto nella stagione sciistica invernale, con la filosofia di “sobria ospitalità” promossa dalla SAT (Società degli Alpinisti Tridentini) e con un utilizzo più “lento” e meditativo nelle altre stagioni; su come trovare quel fragile equilibrio fra l’edificio esistente, l’ampliamento e il contesto naturale unico al mondo che li accoglie e avvolge a 360 gradi.
Siamo quindi partiti da un volume molto razionale distribuito su due piani, con le funzioni di servizio a piano terra e la sala ristorante a piano rialzato, affiancato all’edificio esistente sul lato sud in adiacenza con gli attuali spazi ricettivi e rivolto verso il lato principale di passaggio e di accesso.
Per il nuovo volume abbiamo deciso di utilizzare un linguaggio semplice e chiaro, riproponendo materiali e colori già presenti nel rifugio Graffer ma con un utilizzo più contemporaneo e innovativo, che non imiti l’esistente ma vi si affianchi in maniera decisa ma equilibrata.
La sala ristorante/bar si allunga quindi in direzione est/ovest, verso la favolosa vista dell’Adamello a valle e la direzione di arrivo della maggior parte dei visitatori a monte, piegandosi alle estremità e aprendosi contemporaneamente verso sud, dove si trova il plateatico esterno del rifugio, guardando alle cime del Brenta, ai prati e alle piste da sci, in un gesto che ricorda un accogliente abbraccio. L’ampliamento enfatizza così la direzione monte/valle e la particolare condizione di punto di passaggio, più che di arrivo del rifugio, ma creando al contempo un elemento che catalizzi l’attenzione e inviti a fermarsi.
Con il tetto quasi piano (inclinazione minima dell’8% adatta alla copertura in lamiera aggraffata), il volume prende uno sviluppo orizzontale che ricorda in parte il progetto originario del Graffer, affiancandosi alla struttura esistente senza chiudere l’affaccio a sud dei piani superiori delle camere. Elevandosi al piano rialzato, dove si trovano le funzioni ricettive, si impreziosisce di un rivestimento in corsi orizzontali di pietra locale, e diventa un volume minerale, dinamico e stratificato come le stratificazioni geologiche della retrostante cima Grostè, con la quale dialoga visivamente.
Sui fianchi di pietra si aprono pochi tagli calibrati che offrono visuali mirate sul paesaggio, inclusioni riflettenti e trasparenti come i cristalli di calcite nella dolomia. Le aperture a tutta altezza sono sufficientemente ampie da permettere di ottimizzare la luce naturale all’interno e di godere delle spettacolari viste panoramiche, ma enfatizzandone l'effetto di stupore e sorpresa, senza svelare tutto subito e lasciando al rifugio quel senso di diaframma, guscio protettivo dell’uomo verso l’immensità della natura esterna. Verso monte uno di questi tagli si piega all’interno, a favorire il passaggio, e definisce il nuovo ingresso che porta direttamente nel cuore della struttura in posizione baricentrica rispetto alle funzioni.
A piano terra, non volendo ostruire il naturale passaggio sul fianco sud, il volume si inclina verso l’interno e si ritrae, per creare un passaggio sotto la sala ristorante che culmina con l’aprirsi della vista a valle. Si definisce così, arrivando, un portale di ingresso che funge da elemento scenografico di richiamo, come a dire: “passate pure ma entrate e fermatevi qui per tutto il tempo che volete”. Il basamento metallico che si viene a definire, è meno austero e più divertente del volume in pietra soprastante. Dello stesso colore azzurro delle persiane esistenti, azzurro SAT, e con la stessa funzione di richiamo visuale da lontano, non aggiunge colori differenti o elementi superflui al vecchio edificio. Questo rivestimento, colorato ma non eccessivo, prende i riflessi azzurri del cielo e della neve e definisce tutti gli spazi accessori, abbracciando il rifugio esistente a sud e ad est dove si alza nel volume del vano scale e del montacarichi, creando un punto focale per identificare il rifugio dall’alto, sia dagli impianti che arrivando da monte.
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